Casa è quella sensazione di calore che ti pervade il corpo quando cammini per strada. Senti che ti attraversa dai piedi, che toccano il suolo, e sale fino all’ultimo capello passando per il volto e lasciando su di esso un enorme sorriso.
Alzi lo sguardo. Puoi vedere grattacieli oppure un cielo immenso, magari qualche albero. Respiri profondamente tutto, respiri casa tua.
Apri le orecchie e lasci entrare ogni rumore dell’ambiente che ti circonda. I versi degli animali, il vento, la pioggia, i clacson delle auto. Riconosci tutto, ogni suono, non perché tu l’abbia già ascoltato ma perché associ ad ognuno di esso il calore di casa. Tutto ciò che puoi ascoltare ti è familiare.
Mentre cammini, stendi il braccio per toccare. Tocchi il bottone che attiva il semaforo pedonale, tocchi la spalla del signore di fronte e te perché ha perso qualcosa per strada. Ti siedi su una panchina al parco. Apri la porta del tuo bar preferito, ordini un cappuccino e ne rubi tutto il calore dalla tazza.
A partire da quel cappuccino, inizi a percepire il profumo. Un profumo che ti scalda ovunque tu sia. Il profumo di caffè del bar, l’odore di stantio dell’ufficio pubblico, il profumo dell’erba appena tagliata del parco, l’aroma del pane appena sfornato.
Non tutto questo è sempre piacevole ma va bene così. Ci saranno sempre scene, rumori, elementi, odori del luogo dove vivi che detesti ma senza ognuno di essi non potresti chiamare il luogo in cui ti trovi, “casa”.
A che luogo hai pensato, leggendo?
Ho scritto questo pezzo il 26 maggio. Ero in Tasmania, avevo appena finito di lavorare in farm e aspettavo con ansia la mia partenza e il mio viaggio in Thailandia. Lo avrei pubblicato una volta tornata.
Oggi è il 22 giugno, sono di nuovo a Melbourne, seduta da Starbucks, quello di fronte alla Public Library. Mi sono seduta, ho richiesto la Medicare e ordinato un caramel macchiato e un coconut bread.
Mi è bastato tornare dove tutto è iniziato, sedermi nel mio cafè preferito e ordinare “il solito”. Poi, non so nemmeno perché, ho aperto questo pezzo e l’ho letto. Ora vorrei rispondere proprio a quella domanda.
A che luogo hai pensato, leggendo?
Non luoghi, ma persone.
Ho pensato alla mia famiglia, a tutti gli amici e conoscenti che ho lasciato in Italia: le mie amiche da una vita, il motoclub, le mie compagne di danza. Poi sono partita e ho pensato ai 25 italiani pazzi quanto me che ho conosciuto a Melbourne. Ai miei compagni di hiking conosciuti su Facebook. A tutti i ragazzi e le ragazze con cui ho condiviso la casa in Tasmania mentre lavoravo in farm, a quelli che ho conosciuto sul lavoro e fuori. A tutti i viaggiatori che ho conosciuto in Thailandia, girando per ostelli.
Ognuno di loro mi ha aiutata, mi ha insegnato qualcosa e mi ha accompagnata nella mia vita. Alcuni li rivedrò e altri no ma non importa. Con ognuno di loro mi sono sentita a casa.
Magari non avrò ancora trovato il posto perfetto per me, quello in cui vivrei tutta la vita, ma magari non esiste nemmeno. Una cosa la so però: ho trovato persone con le quali mi sono sentita a casa.
Ovunque fossi.
Trovo che casa sia una sensazione, un momento nel tempo. Casa mi fa venire in mente valori come amore, unione, onestà, fiducia. Valori che un luogo, da solo, non può dare. Certo, si può amare un posto nel mondo, ci si può sentire uniti ad esso ma non posso provare fiducia o onestà nei confronti di un luogo. Un luogo non è altro che un punto sulla cartina geografica.
Chi viaggia lo sa, sa che la bellezza di un luogo sta in gran parte anche in chi lo abita, siano essi cittadini o viaggiatori.
Allora cambiamo la domanda: A cosa pensate quando vi dico “casa”?
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